In questi giorni molte scuole si sono concesse un ponte straordinario, allungando le vacanze pasquali fino al 25 aprile. Circa dieci giorni di interruzione delle lezioni. Ogni volta che ci sono delle vacanze si apre la solita diatriba tra insegnanti e studenti. «Vi do un po’ di compiti da fare. Approfittate di questi momenti per studiare perché quando si rientra ci saranno molte interrogazioni». «Ma le vacanze si chiamano vacanze per riposarci, non potete stressarci caricandoci di compiti».
Sempre la stessa storia. Pasqua, Natale e spesso anche estate perché non sono pochi gli insegnanti che danno compiti da fare a luglio e agosto. Ma la questione riguarda anche gli adulti. Che si portano a casa il lavoro. Molti insegnanti in questi giorni si mettono a correggere compiti. O a preparare i mille documenti che vengono richiesti dalla burocrazia.
Forse dovremmo metterci tutti un po’ d’accordo, per l’ennesima volta, su quale sia la nostra idea di scuola. Su quello che va fatto in classe e quello che va fatto a casa, ad esempio. Tra i mille risvolti, c’è una questione che riguarda il tempo, elemento fondamentale, ma molto trascurato, nelle nostre vicende umane e relazionali. Chi decide del nostro tempo e di come lo gestiamo? Quanto è il “tempo giusto” che studio e lavoro dovrebbero occupare nelle nostre vite? E cosa pensiamo del tempo libero, lo riteniamo utile o lo consideriamo perso? Se non rispondiamo a queste domande, ci manca una bussola del nostro agire.
Il tempo ci ossessiona tutti. Forse per una paura ancestrale della morte, ci sentiamo in dovere di riempirlo con mille cose. Come per scongiurare un senso di vuoto, senza cogliere che quel vuoto può rappresentare un’occasione per riflettere, ascoltarci e ritrovare il senso delle cose.
Un giorno scopriremo che studenti, docenti e Ata non diventano più bravi se li carichiamo di compiti. Diventano invece più stressati, infelici e rendono meno. “Less is more” dice una bellissima espressione in inglese, che dovremmo applicare di più. Nelle nostre vite e nelle nostre scuole.
29 Aprile 2025 alle 11:34
Il punto che lei ha toccato, signor Preside, è molto sottile, delicato e, ahimè, dolente, direi determinante e da anni genitori, figli ed insegnanti ne pagano le spese.
Oggi, tra vacanze e ponti lunghi, tra scioperi che cadono stranamente sempre di venerdi, tra votazioni o referendum si accorciano notevolmente i giorni in cui si va a scuola e si fa lezione. Da una parte i professori si trovano in difficoltà perchè il programma ministeriale sia portato completamente a termine, dall’altra i ragazzi si trovano a dover affrontare un vero tsunami di verifiche e interrogazioni a ondate ravvicinate e quindi senza avere il tempo sufficiente ed ordinato per una preparazione valida.
Spesso succede, così, che chi ha capacità sintetiche e mnemoniche riesca a prendere voti più alti di chi ha bisogno di una preparazione più ordinata e coordinata e che fa tanta più cultura e meno erudizione.
Ai miei tempi, quando ancora lavoravamo di penna e di diari Vitt, trascrivevamo nella pagina relativa i compiti che ci venivano assegnati alla data prevista tanto che, alla fine della settimana o addirittura prima, avevamo la trascrizione anticipata di quello che dovevamo preparare e potevamo, articolando bene le materie, utilizzare spazi di tempo più ampi per prepararci a studiare e coordinare alcune ricerche più complesse che, senza l’ausilio di Internet, ci vedevano invadere le nostre scrivanie di mega enciclopedie e fotocopie.
Non solo; oggi, con il registro elettronico, i ragazzi si vedono addirittura arrivare compiti assegnati all’ultimo momento e, se il tempo rimasto a disposizione non basta, devono rinunciare a programmi fatti magari in precedenza con la famiglia e dibattersi nella ricerca di nuovo materiale che spesso viene richiesto a corredo , come slides ecc..
Come vede , e senza rendermene conto, ho utilizzato più volte la parola ORDINE, sostenendo ambedue le parti in causa, ragazzi e professori, in quanto ritengo che ambedue le parti siano equamente sacrificate nella tempistica e nell’ordinamento del proprio lavoro.
Se i professori potessero gestire meglio e con più elasticità il tempo di cui hanno bisogno sicuramente riuscirebbero a “partecipare” la loro materia in modo più completo ed accessibile e a dare il tempo necessario agli studenti per recepire quanto spiegato. E anche i ragazzi potrebbero avere un maggior tempo da dedicarsi alla ricerca e magari penetrare di più l’argomento di studio. Sa quanti ragazzi ho visto “innamorarsi” di una materia nuova proprio attraverso un approccio più dedicato e approfondito e a una scoperta lenta e graduale, senza “fiato sul collo”?
Il tempo libero è una grazia e un diritto di cui tutti devono godere. E lei mi insegna che più il lavoro di un anno è stato soddisfacente e ben distribuito, più rilassante è la vacanza, più piacevole il ritorno e la ripresa ORDINATA di un lavoro e dei reciproci impegni.