Un paio di giorni fa, al torneo di tennis di Montecarlo, Sinner ha giocato contro Rune. Un bellissimo match, nel quale il talentuoso danese ha espresso il suo noto carattere focoso, dando in escandescenza contro arbitro e pubblico. Al termine della partita, hanno chiesto a Sinner un commento su questo. «Può succedere, non vedo nulla di sbagliato nei suoi comportamenti. Può anche creare il caosIo guardo a me stesso, penso che faccia tutto parte del mio processo di apprendimento. Sono cresciuto ancora una volta restando sempre concentrato sulla partita».

Sinner è ormai diventato una sorta di eroe nazionale, con forme di adorazione francamente eccessive. Ma non c’è dubbio che ci troviamo di fronte a un personaggio con un atteggiamento al quale non siamo abituati. In particolare, su un aspetto. Invece di fare come molti che se la prendono sempre con l’arbitro, con l’avversario o con la sfortuna, lui guarda sempre a sé stesso, al suo percorso di crescita. E spesso ringrazia gli avversari perché lo aiutano a migliorarsi.

La mia deformazione professionale mi porta sempre a riportare nella scuola tutto quello che leggo. Ascoltando l’intervista di Sinner, ho pensato che mi piacerebbe che insegnanti e presidi rispondessero come lui quando uno studente ha un comportamento disturbante in classe. «Non importa, può capitare. L’incontro con lui mi aiuta a crescere e migliorare. Io cerco di rimanere tranquillo e concentrato su di me e sulla mia partita, su quello che posso fare per raggiungere i miei obiettivi didattici». Tenendo naturalmente conto dei contesti diversi, vorrei che nella scuola parlassimo in questo modo. Che pensassimo che i nostri ragazzi ci aiutano a crescere, anche quando agiscono in modo sbagliato. Che guardassimo di più a noi, a quello che facciamo e a quello che potremmo fare.

Certo, noi abbiamo un compito educativo che Sinner non ha. Ma, a maggior ragione, mi verrebbe da dire, se noi ci sentissimo in un continuo percorso di apprendimento, se imparassimo a mantenere la calma, se fossimo davvero disposti a cambiare, questo non aiuterebbe solo noi, ma anche i nostri ragazzi. Il punto chiave mi pare sempre lo stesso. Abbandonare l’idea, piuttosto diffusa nel mondo della scuola, di avere la verità in tasca. Perché tutti abbiamo sempre da imparare. Anche da un ragazzo di ventidue anni che fa il tennista.