Alle 6 di mattina ricevo un messaggio. «Hanno occupato la scuola». Quando arrivo, i cancelli sono sbarrati con banchi e sedie. Si affacciano due ragazze. Fanno parte del collettivo, non dei rappresentanti eletti. «Non abbiamo nulla verso lei o la nostra scuola. Occupiamo contro il Governo e per solidarietà con le altre scuole». Mi allungano il loro documento tra le inferriate. «Sapete che l’occupazione non è stata condivisa con gli altri studenti ed è un atto illegale, che nega il diritto allo studio di chi non è d’accordo. Fateci entrare e voi vi riunite per un confronto». Ci pensano. Nel frattempo, una folla di ragazzi, insegnanti e Ata si accalca all’ingresso, quasi tutta contrariata. Molti studenti tornano a casa. Dopo un po’ gli occupanti decidono di far entrare solo i ragazzi. Ma lo fanno in modo caotico. Una porta rimane aperta. Alcuni custodi e professori entrano. A quel punto entriamo tutti.

Inizia la loro assemblea. Il confronto è teso. Al termine vengono in presidenza. «La maggioranza è per l’autogestione». Ma in realtà a deciderlo sono stati in pochi. «Non consento di dormire a scuola e bloccare le lezioni dopo un’azione prevaricatrice di una minoranza». Alla fine, troviamo un accordo. Non rimangono a dormire e il giorno dopo ogni studente sarà libero di fare lezione o autogestione. «Ma stasera potremmo rimanere a scuola per vedere la partita dei mondiali e mangiare qualcosa insieme?». Glielo concedo con mille raccomandazioni. Arrivano in settanta con tre pentole di pastasciutta. Si è perso l’aspetto politico della mobilitazione, ma forse se ne è aggiunto uno poetico.

La mattina dopo c’è chi fa lezione e chi autogestione. Eventi interessanti si mescolano ad altri imbarazzanti e a un po’ di caos. Ma stanno imparando a organizzare le cose. Poi il collettivo mi chiede di continuare. «Rispetto le minoranze, ma avete avuto il vostro spazio. Adesso accolgo la richiesta solo se sostenuta dai rappresentanti democraticamente eletti». Si parlano e superano le tensioni tra loro. Dico di sì per valorizzare l’unità ritrovata. Per altri due giorni convivono lezioni regolari e attività “alternative”.

Questi eventi ci interrogano. Sulla democrazia, sulle forme di mobilitazione degli studenti e su cosa fare per costruire una scuola che metta insieme sensibilità e intelligenze di adulti e ragazzi.

Intanto per fortuna sta arrivando il Natale. Buone feste (e buon riposo) a tutti.