Con i fondi del PNRR stanno arrivando fiumi di soldi anche alle scuole. Parliamo in alcuni casi di centinaia di migliaia di euro. Colpisce la solita burocrazia, in cui le scadenze non sono mai certe e le procedure poco chiare e farraginose. Ma c’è dell’altro.
Nei mesi scorsi sono già state assegnate molte risorse per le dotazioni tecnologiche. Tanto che le scuole hanno potuto non solo comprare computer, ma anche sostituire lavagne multimediali con più moderni monitor interattivi. Eppure, nel Piano Scuola 4.0, che prevede di rinnovare aule e laboratori, si obbliga a destinare almeno il 60% di quelle risorse ancora in tecnologia. In questa disposizione ci sono almeno due “errori concettuali”.
Il primo sta nel vincolare dall’alto le percentuali di spesa, che viola l’autonomia delle scuole. Si tratta di fondi ingenti, che non ricapiteranno. Sarebbe auspicabile che le scuole potessero impiegarli liberamente. Perché solo loro conoscono le proprie esigenze e le proprie priorità. Che sono diverse da territorio a territorio, da scuola a scuola. Per questo si stanno levando molte voci che chiedono di togliere i vincoli di spesa. A queste voci aggiungo la mia. Se vogliamo davvero cambiare le cose, lasciamo che siano le scuole stesse a decidere come utilizzare i soldi. E chiediamo piuttosto che motivino adeguatamente le loro scelte, alla propria comunità scolastica e al ministero.
Il secondo errore del Piano Scuola 4.0 è politico/culturale. Chi ha il potere di decidere dà la sensazione che il rinnovamento della scuola passi sempre e solo per le tecnologie. Intendiamoci, le tecnologie hanno ricadute didattiche importanti e sono fondamentali per cambiare la scuola. Ma la scuola non ha bisogno solo di tecnologie. Un cattivo insegnante rimane un cattivo insegnante anche con un computer in mano. Il problema di una scuola con aule e bagni fatiscenti non si risolve installando una LIM. La difficoltà di gestire classi con 30 studenti o la retribuzione inadeguata del personale non si affronta migliorando la connessione internet. Non si tratta di benaltrismo. È che non vorremmo che l’attenzione alla tecnologia ci distraesse dai problemi reali. Di più. Investire ossessivamente in tecnologia è a volte la scelta facile di chi non ha idee. Per questo, va benissimo la tecnologia. Ma solo se dietro c’è un pensiero, solo all’interno di un confronto su come si cambia davvero la scuola in questo Paese. Un confronto che però, guarda caso, non è partito.