In questi giorni mi è capitato di leggere un libro davvero bello, “Come nascono gli incendi”, edito da Mondadori. Lo ha scritto Michele Arena, quarantenne fiorentino al suo primo romanzo. Michele fa l’educatore in un centro per minori. E non è difficile intuirlo. Chi ha a che fare con i ragazzi riconosce nitidamente nelle sue pagine le storie difficili di alcuni di loro, i linguaggi, gli agiti. Con uno stile crudo, diretto e battute folgoranti si parla di amicizia, di sessualità, di famiglia, di dolore. E siamo portati a riflettere su realtà umane e sociali che troppo spesso dimentichiamo. Anche nella scuola, dove, ad esempio, tendiamo a non discutere di malattia o di morte. Eppure gli eventi drammatici e luttuosi attraversano le nostre vite. Ancora in questi giorni una mia studentessa ha perso il padre. E quasi quotidianamente arrivano notizie di eventi gravi, che toccano personalmente i nostri ragazzi. Quando ne vengo a conoscenza, sono preso istintivamente da un senso di colpa perché non facciamo abbastanza. Cerchiamo di stare vicino ai nostri ragazzi, ma non li prepariamo emotivamente. Forse perché non siamo preparati nemmeno noi. La verità è che troppo spesso a scuola si fa una grande operazione di rimozione della Vita. Presi dalle nostre corse per finire il programma, non ci rimane tempo per la dimensione emotiva, personale. O, perlomeno, quel tempo non ce lo concediamo.
Mi sono confrontato con alcuni insegnanti sul libro di Michele Arena e si è aperto un dibattito sull’opportunità di farlo leggere in classe, considerando che parla anche di tumori e che qualcuno dei ragazzi affronta in casa quel tipo di esperienze. Ma dobbiamo decidere cosa è una scuola.  È  il luogo dove si acquisiscono esclusivamente conoscenze e competenze culturali o se è una comunità dove si accompagnano i ragazzi in tutto il loro percorso umano? La pandemia ci sta costringendo a interrogarci su temi difficili. Quando riapriremo le scuole non potremo pensare di ricominciare solo “a leggere e far di conto”, come se nulla fosse successo. Servirà il coraggio di fare educazione in modo diverso e ribadire che la Scuola non può essere altro dalla Vita.