In aprile molte scuole stanno facendo i viaggi di istruzione. «Preside, è stata l’esperienza più bella della mia vita». «Dopo anni senza poter uscire, è stato come conoscere i miei compagni per la prima volta». «Sono in quinta, sappiamo tutti l’importanza della gita dell’ultimo anno, che temevo di non poter fare. È un ricordo che porterò sempre con me». I viaggi sono in genere esperienze bellissime, condivise ormai in tempo reale, con racconti e immagini sui social. Così abbiamo visto ragazzi farsi il bagno in Sicilia o incontrare associazioni antimafia, altri esibirsi sulle piste da sci, altri ancora in giro per le bellezze di Roma.
Sui viaggi di istruzione ci sarebbe molto da dire. Intanto che non dovrebbero più essere tour de force inutili di truppe cammellate in giro per musei e chiese, ma esperienze sociali e culturali “mirate”, da vivere serenamente con tempi adeguati. Poi sarebbe l’ora di parlare della dedizione degli insegnanti. Perché molti studenti durante i viaggi si comportano bene. Ma poi ci sono quelli che non si svegliano, quelli che bevono, quelli che vomitano, quelli che arrivano sempre tardi agli appuntamenti. E ci sono mille imprevisti sui bus, negli hotel, nei ristoranti, nelle strutture. Gli insegnanti sono da soli a gestire le beghe. In servizio 24 ore su 24, giorno e notte, senza alcun riconoscimento economico. Sarebbe importante che il Governo e le famiglie fossero maggiormente consapevoli del lavoro che fanno, assumendosi grandi responsabilità per consentire ai ragazzi di vivere nel miglior modo possibile queste esperienze. E poi bisognerebbe ricordarsi dell’impegno delle segreterie delle scuole.
Vorrei poi fare un invito a chi accoglie gli studenti. I ragazzi non sono carne da macello, vanno rispettati. Non è accettabile quello che a cui a volte si assiste: ambienti trascurati, pasti immangiabili, servizi inadeguati. Qualcuno fa anche peggio, differenziando il trattamento tra professori e studenti. Va tenuto presente che sono le famiglie a pagare il viaggio dei professori, visto che lo Stato non ci pensa. Qualche studente deve imparare a rispettare di più i luoghi che visita, ma anche qualcuno tra chi accetta il turismo scolastico dovrebbe cambiare atteggiamento. Perché anche da una diversa idea dell’accoglienza e del rispetto per le persone, adulti o ragazzi che siano, si costruisce un Paese migliore.