«Buongiorno preside, dovrei uscire venti minuti prima da scuola. Tutti i giorni”. «Per quale motivo?». «Devo frequentare una scuola di danza». «Possiamo parlarne, ma perché non chiedi alla scuola di danza di cominciare dopo?». «Non lo consente. E per me la danza è troppo importante, sono venuto dalla Sardegna per questo». «Mi dai il numero della scuola di danza?». Parlo con la direttrice. «Vorrei sapere come mai si chiede alla scuola flessibilità sugli orari, ma voi non date la stessa disponibilità». «Mi spiace, questi ragazzi devono seguire orari rigidi per diventare professionisti». «Se però diventano ballerini ignoranti, forse non hanno fatto un buon affare». «Lei non capisce il loro sogno». «Guardi, forse non capisce lei. Prevedete allenamenti tutti i giorni dalle 15 alle 20, il ragazzo studia la sera e non ce la fa. Gli insegnanti dicono che in classe dorme. Letteralmente». La scuola deve rispettare le passioni dei ragazzi, ma chi governa quelle passioni deve riconoscere il valore dell’istruzione. Caricare di allenamenti e compiti la loro vita significa rubare tutto il tempo che hanno. Rischiando che un giorno si sveglino e si accorgano che sono diventati adulti senza essere mai stati bambini.