In Texas un ragazzo di 18 anni entra in una scuola e uccide 19 bambini e due maestre. Secondo le prime ricostruzioni, aveva frequentato da studente quella stessa scuola ed era stato bullizzato per la sua balbuzie. Crescendo, diventa sempre più aggressivo. Salvador Ramos, questo il nome del diciottenne, è arrivato a scuola da solo, indossando un giubbotto antiproiettile. Ha poi abbandonato il veicolo, superato le guardie di sicurezza, imbracciato una pistola e un fucile e aperto il fuoco. Le vicende umane sono complesse e in questa storia mancano troppi elementi per comprenderla. Ma indicazioni di carattere generale si possono trarre. Ne propongo due.
La prima. Una “legge” della psicologia, nota e trascurata, dice che la frustrazione causa aggressività. I ragazzi raccontano spesso di sentirsi frustrati. Sentono frustrati i loro bisogni, i loro desideri, i loro talenti. La conseguenza è la rabbia, sempre più diffusa. Una rabbia alla quale noi adulti non prestiamo la dovuta attenzione. Una rabbia incontrollata, che i ragazzi stessi non riescono a gestire e decifrare. «Dopo una discussione hai mandato a quel paese l’insegnante e sei uscito dall’aula sbattendo la porta. Mi spieghi cosa ti succede?». «Non lo so, preside. So di avere esagerato e chiedo scusa. Ho trovato il voto ingiusto e ho perso il controllo. Ogni tanto mi capita, esplodo e non riesco a trattenermi».
La seconda. La sicurezza non aumenta diffondendo armi. Anzi, avviene il contrario. Negli Stati Uniti il numero di decessi causati da armi da fuoco è superiore a quello dei morti per incidenti stradali. La sicurezza si costruisce praticando azioni di pace. Non è buonismo. È “convenienza”, prima ancora che etica. Se ci si ascolta di più, se si lavora sulle relazioni, se si costruisce un’idea condivisa di società, si riducono i conflitti e le tensioni sociali. Se invece si cede al giustizialismo, all’istinto dell’”occhio per occhio”, alle folle che vorrebbero rinchiudere chi sbaglia e “buttare via la chiave”, la spirale di violenza è destinata a crescere.
Per fare davvero educazione nelle scuole dovremmo preoccuparci di più del benessere di studenti e insegnanti, smettendola di stressarli e liberando le loro intelligenze e le loro passioni. Solo così potremo forse sperare di eliminare alcune tossine che avvelenano il nostro vivere civile e che spingono i più deboli a commettere gesti estremi.