In questi giorni la nostra scuola si è di nuovo riempita di studenti. E di genitori che attendono fuori in ansia. Da qualche anno abbiamo deciso di fare gli esami di riparazione a luglio per chi ha il giudizio sospeso, come si dice oggi con un’espressione un po’ surreale. Perché non è più il caso di far durare questa sospensione per tutta l’estate. Una scelta che tiene inutilmente gli studenti sotto stress e non consente loro di fare un po’ di vacanze in santa pace. Poi non ci sono riscontri che a settembre i risultati siano migliori che a luglio. Tutti sappiamo che è una balla l’idea che i ragazzi studino per tre mesi d’estate. Se vogliono dimostrare di aver colmato alcune carenze e dare il segno di un impegno che è mancato nel corso dell’anno, un mese può bastare.
Ma gli esami di riparazione hanno ancora un senso? Difficile rispondere. Nessuno pensa che d’estate si possa realmente recuperare quello che non si è fatto nel corso di un intero anno, anche se alcuni studenti capiscono la lezione e si impegnano in modo sorprendente.
Personalmente sarei per abolirli. Manterrei la bocciatura in situazioni estreme e negli altri casi manderei comunque avanti i ragazzi, con una pagella che però certifichi le valutazioni reali in ogni materia, positive o negative. Al termine della quinta lo studente potrebbe prendere un diploma vero e proprio se consegue tutti risultati sufficienti. Altrimenti una semplice attestazione che indichi le discipline in cui ha raggiunto una valutazione positiva. E’ un modo per uscire dall’ipocrisia di oggi, che spesso falsifica i voti reali. Serve recuperare il rispetto per la verità delle cose e mettere i ragazzi di fronte alle proprie responsabilità. Naturalmente poi bisognerebbe mettersi d’accordo su cosa si valuta. Ma questo è un altro discorso.