«Preside, siamo preoccupati per la situazione di nostra figlia». Apro il registro elettronico. «Fate bene a essere preoccupati. E’ a rischio». «Ma non si può fare qualcosa per evitare che venga bocciata?». «Per evitare di essere bocciati occorre studiare e chi può fare qualcosa è innanzitutto vostra figlia. Però oggi è il 31 maggio…». «Sì, dovevamo venire prima. Ma siamo molto impegnati con il lavoro». Mi scappa una battuta. «Anche fare i genitori sarebbe un lavoro». Poi concilio. «Comunque dite a vostra figlia di fare il massimo in questi ultimi giorni. Allo scrutinio vedremo. Ma la vedo difficile». A questo punto passano al contrattacco. «Guardi che nostra figlia studia. E’ che ci sono insegnanti che la demoralizzano. Le hanno messo anche “uno”. Uno, capisce?». Sull’uno barcollo. «Posso essere d’accordo che sia un voto inopportuno. Ma i voti vanno da uno a dieci». Provano ad affondare il colpo. «Però questa insegnante dieci non lo mette mai. E nemmeno nove». Perdo la pazienza. «Si possono discutere le scelte di alcuni professori. Ma di fronte a insufficienze diffuse tutti si devono interrogare: la scuola, la famiglia, i ragazzi. Chi cerca spiegazioni con il dito sempre puntato verso gli altri non fa una buona educazione».