Oggi è il primo giorno di scuola. L’anno inizia con polemiche sulla riforma e sulle mobilitazioni dei sindacati. Ritengo necessario che la discussione sulle singole questioni chiarisca prima quali idee di scuola e di società abbiamo. Altrimenti rischiamo di non capirci.

In questi mesi in Europa si respira una forte volontà di cambiamento. Lo testimoniano, rimanendo nella cosiddetta “area progressista”, i consensi di Renzi e Grillo in Italia, di Iglesias in Spagna, di Tsipras in Grecia, di Corbyn in Gran Bretagna. Sono naturalmente storie di segno diverso, ma tutte offrono spunti per una nuova stagione culturale. Provo ad indicare quelle che a me sembrano alcune parole chiave.

Coerenza. Emerge un’esigenza forte di trovare persone che credono veramente in quello che dicono. Troppe volte si sentono bellissimi discorsi di principio da parte di chi poi fa scelte personali in totale contrasto con quei principi. Non si possono più accettare, ad esempio, classi dirigenti che chiedono sacrifici solo agli altri o adulti che, nella scuola, pretendono dai ragazzi il rispetto di regole che poi loro disattendono.

Responsabilità. Per garantire servizi efficienti ai cittadini occorre poter prendere decisioni in tempi rapidi, ma è fondamentale che ognuno risponda delle proprie azioni: nella politica come nella scuola. Cominciando, se possibile, da chi ha più potere.

Condivisione. Occorre salvaguardare un principio di condivisione in tutti gli ambiti di un sistema democratico. La riforma della scuola, che pure contiene innovazioni importanti, non è stata realmente condivisa. Altrimenti non si spiegherebbe la contrarietà di tanta parte dei docenti. Prendiamo le immissioni in ruolo. Un intervento sacrosanto perché stabilizza i precari e le scuole. Ma se il Governo avesse discusso di più con i sindacati, avrebbe probabilmente trovato procedure più efficaci, evitando alcune incongruenze e riducendo il dissenso. Una società forte ha bisogno di istituzioni e di sindacati che dialogano, senza cadere nel vecchio consociativismo con le conseguenti spartizioni di potere. Serve una stagione nuova, che veda il Governo rispettare maggiormente le parti sociali e i sindacati rinnovare la propria strategia, rinunciando alla logica di arrecare disagio ai cittadini per farsi ascoltare e cercando invece un’alleanza con l’opinione pubblica, che valorizzi le tante situazioni in cui i sindacati aiutano lo Stato ad essere più giusto ed efficiente.

Solidarietà. C’è oggi una situazione di difficoltà economica che una società ed una scuola seria non possono ignorare. Va messa in atto ogni azione possibile per garantire a tutti il diritto allo studio ed una vita dignitosa. La scuola deve educare all’attenzione verso chi ha bisogno e preparare i ragazzi ad una società interculturale.

Competenza. Occorre avere il coraggio di chiudere la stagione dell’egualitarismo di vecchio stampo ed aprire una riflessione su come si possa dare a tutti le stesse opportunità, riconoscendo poi le competenze acquisite. Basterebbe intanto rispettare un principio banale: ognuno deve occupare il posto per cui è preparato. Non può, ad esempio, fare il Ministro dell’Istruzione chi non sa nulla di scuola e non può insegnare chi non sa stare con i ragazzi.

Educazione. La scuola di oggi assomiglia ancora troppo a quella dei nostri nonni. Dovremmo cercare strade nuove nella didattica, nelle relazioni con gli studenti, nella progettazione degli spazi di apprendimento. Serve competenza, passione e voglia di mettersi in gioco.

Inizia un nuovo anno scolastico. Vogliamo provare a farne un anno scolastico nuovo?