Primi di settembre, le scuole riaprono. Sono giorni particolari perché ancora mancano i ragazzi e c’è un’aria strana, vuota. Ma sono giorni decisivi per far partire bene il nuovo anno scolastico. Oltre al piacere di ritrovarsi di una comunità, si consumano i soliti rituali. E nei dialoghi c’è uno spaccato del mondo della scuola.

“Buongiorno preside, ho chiesto di venire da voi perché nella mia vecchia scuola si lavorava troppo”. Penso delle cose che non si possono riferire. Poco dopo arriva un’altra. “Guardi, glielo voglio dire. Mi sono trasferita perché dov’ero prima si faceva poco. Qui so che si lavora, ma almeno si fanno cose interessanti”.  La vorrei baciare, ma non posso.

Una mamma. “Senta preside, vorrei portare mia figlia in questa scuola, però me la deve mettere in una buona sezione.” “E qual è una buona sezione?” chiedo, ingenuo. “Quella dove ci sono gli insegnanti bravi.” Riprovo. “E chi sono gli insegnanti bravi?” “Quelli che tengono a freno gli studenti e li fanno rigare dritto”. “Signora, guardi, abbiamo un’idea diversa della scuola. Comunque questi insegnanti, stia tranquilla, li trova in tutte le sezioni.” Esce insoddisfatta.

In collegio dei docenti provo a raccontare di una scuola in cui si discute e ci si appassiona,  in cui ci si sorprende. Alcuni sono attenti ed entusiasti. Qualcuno la prende come una minaccia. “Preside, ma che tipo di sorprese dobbiamo aspettarci?”

Poi naturalmente c’è la riforma. E le diverse reazioni. Quelli che di Renzi non va bene nulla, quelli che “Renzi a me mi garba”, quelli che cercano di compiacere il preside sceriffo, quelli che si rimboccano le maniche,  quelli che non gliene importa nulla.

Siamo ripartiti. Ce la faremo ad arrivare sani e salvi?