In un laboratorio sul teatro, ad un gruppo di studenti della mia scuola è stato chiesto di chiudere gli occhi e stare in silenzio per tre minuti. Molti non ce l’hanno fatta. Non ce l’hanno fatta soprattutto quelli che si sentono disinvolti e spavaldi, ma che in realtà hanno paura delle proprie emozioni. Hanno avuto meno problemi i ragazzi che non si nascondono, che accolgono il proprio dolore e le proprie fragilità. Ascoltarsi ed ascoltare è oggi un esercizio molto difficile. Per questo è diventato indispensabile. A scuola come nella società. “Non sarò tanto stupido da credere che il mondo possa crescere se non parto da me”, dice una bella canzone di Brunori Sas, un giovane cantautore italiano. Eppure sono in tanti a voler cambiare il mondo senza aver dimostrato di saper cambiare sé stessi. Perché, per cambiare noi stessi, serve una competenza rara: imparare ad uscire da noi e mettersi nei panni degli altri. Ce lo ricorda sempre Brunori, a modo suo. “Secondo me, secondo me, io vedo il mondo solo secondo me. Chissà com’è invece il mondo visto da te”.