Ci sarebbero molte cose da dire sulle ipotesi di riforma della scuola del Ministro Bianchi. A me ne vengono in mente solo di spiacevoli. E lo dico con rammarico perché avevo nutrito speranze al momento del suo insediamento. Siamo intanto di fronte all’ennesimo caso di decisioni “calate dall’alto”, senza un reale confronto con il mondo della scuola. Vizio purtroppo ricorrente. In questi anni spesso i Governi parlano della scuola come di una priorità, ne individuano alcune criticità e poi decidono da soli, formulando soluzioni senza consenso che non risolvono le cose. Così la scuola italiana finisce stretta tra conservatorismi e presunte innovazioni. La responsabilità è diffusa. Di una politica sorda. Di sindacati trincerati in rivendicazioni contrattuali senza una visione moderna. Di presidi, docenti e Ata che non si fanno sentire, non condividono questioni su cui mobilitarsi e accettano supinamente tutto.
Oltre che per il metodo, le proposte di Bianchi lasciano perplessi per il merito. Prospettano una selezione degli insegnanti che prevede ancora i quiz con il solito pretesto dell’oggettività. Ma nulla è oggettivo. Tantomeno i test a crocette. Indicano invece, nei contenuti e nella forma, un particolare approccio culturale, una precisa idea di scuola e di insegnante. Che non condivido. Vorrei una strada diversa. Semplificando, la riassumerei in tre tappe. Un percorso universitario per acquisire “conoscenze e competenze” in un’area disciplinare, una laurea specialistica, gestita insieme da Università e scuola, per “imparare il mestiere dell’insegnante” e un tirocinio serio per mettersi alla prova e capire se davvero si sa fare questo lavoro. Fine. Basta con concorsi di stampo ottocentesco.
Bianchi introduce poi riconoscimenti economici per chi fa formazione. Apprezzabile, peccato che si metta in piedi una procedura lunga, farraginosa e centralizzata, che non garantisce ricadute positive sulla qualità dell’insegnamento. Tutto il contrario di quello che servirebbe, cioé una formazione legata alle specifiche esigenze di un docente e di una scuola, quindi scelta e verificata dal basso.
Mi auguro che il Parlamento intervenga con modifiche profonde, ascoltando chi vive tutti i giorni nelle trincee della scuola. Me lo auguro, ma non sono fiducioso. Temo che ci troveremo di fronte all’ennesima riforma che lascerà le cose come stanno. Se va bene.