Mi è stata raccontata una storia che non conoscevo. Quella di Hans, il cavallo che sapeva contare. Siamo a Berlino alla fine del 1800. Hans era il cavallo di Wilhelm von Osten, professore di matematica. Un giorno Osten decise di insegnargli a contare e Hans si dimostrò bravissimo, risolvendo anche operazioni assai complesse. Tanto che a un certo punto i due cominciarono a esibirsi in tutta la Germania davanti a folle entusiaste. «Hans, quanto fa due più due?». E Hans batteva quattro volte gli zoccoli. «Hans qual è la radice quadrata di nove?» E Hans li batteva tre volte. Ma Hans risolveva anche operazioni con i decimali, sapeva leggere l’ora, riconosceva persone in fotografia, distingueva i colori, contava i presenti con il cappello e tanto altro. Sembrava avere le abilità di un bambino di tredici anni. Un fenomeno. Apparentemente inspiegabile.

Allora il “consiglio educativo tedesco” nominò una commissione per studiare le reali capacità del cavallo e capire se ci si trovava di fronte a un animale straordinario, a un’illusione o addirittura a un imbroglio. La commissione concluse che non c’erano trucchi. Hans era veramente un cavallo dotato di intelligenza eccezionale. Nel 1911 lo psicologo Oskar Pfungst volle però approfondire la questione. Osservò Hans e si accorse che indovinava sempre, ma solo se poteva guardare chi poneva le domande. Se l’esaminatore era fuori dalla sua visuale o gli sussurrava i quesiti all’orecchio, Hans sbagliava. E sbagliava anche se l’esaminatore stesso non conosceva la risposta. Piano piano Pfungst capì come stavano davvero le cose. Hans batteva gli zoccoli fino a quando “sentiva” che il suo interlocutore era “soddisfatto”. E questo lo riconosceva dalla comunicazione non verbale, da movimenti involontari e impercettibili del corpo.

La storia di Hans è significativa per noi che facciamo educazione. A me richiama alcune immagini. Quelle dei genitori che dicono con orgoglio: «Nostro figlio è un bravo ragazzo, fa tutto quello che gli diciamo». Oppure quelle di insegnanti che danno un voto alto a uno studente commentando: «Bravo, hai ripetuto le cose con le stesse parole che ho usato nelle mie spiegazioni».

Il mondo dell’educazione apprezza molto l’obbedienza. Bambini e ragazzi lo hanno capito e per questo cercano di farci contenti. Come Hans. Ma nel 2023, centenario della nascita di Don Milani, dovremmo chiederci se l’obbedienza sia ancora una virtù.