Un’insegnante entra in presidenza con uno studente. «Gli ho detto di mettere il cellulare nello zaino e lui, per tutta risposta, mi ha mandato a quel paese in malo modo». «Non lo stavo utilizzando» risponde il ragazzo «era sul banco spento, non c’era motivo di posarlo nello zaino». Segue un vivace battibecco. Chiedo alla professoressa di uscire per rimanere solo con il ragazzo. «Non so come sono andate davvero le cose. Ma comunque non puoi offendere la professoressa». Tenta un’ultima autodifesa, poi individua il punto. «Io ho spesso ragione, ma reagisco in un modo eccessivo e passo dalla parte del torto. Non so perché lo faccio». Il ragazzo lo conosciamo bene, si porta dentro una rabbia che ogni tanto esplode. Non abbiamo ancora capito come aiutarlo. «Devi imparare a lavorare sulla tua rabbia» è l’unica cosa che riesco a dire.
Le insegnanti di scienze motorie mi raccontano di un episodio in palestra. Durante una partita di pallavolo una squadra contesta la professoressa che arbitra. Si distingue una ragazza che ha uno scatto violento d’ira, inveisce e proferisce parole irripetibili. Una reazione che sorprende sapendo che fa sport a livello agonistico. La convoco in presidenza. «Mi racconti cosa è capitato?». «La prof che arbitrava favoriva l’altra squadra. Noi ci siamo arrabbiate e io sono andata fuori di testa. Oggi mi sono scusata con lei». «Ti capita spesso di perdere il controllo?». «Solo un’altra volta. Io studio molto e vado bene a scuola. Non so cosa mi è preso. Mi sono sentita vittima di un’ingiustizia e ho reagito in un modo sbagliato. Mi spiace». Scoppia a piangere. «A me come preside e a noi come scuola non interessa prendere provvedimenti disciplinari. Ci interessa che voi siate consapevoli delle vostre azioni. Tu hai compreso di avere esagerato e ti sei scusata. Hai fatto quello che dovevi. Va bene così». La lascio andare, ancora scossa.
In un consiglio di classe i rappresentanti degli studenti esprimono la loro rabbia nei confronti degli insegnanti per il carico di compiti e verifiche e perché non si sentono tenuti in considerazione. Per questo rifiutano qualunque attività extracurriculare venga loro proposta.
Molti studenti sono pieni di rabbia. Che viene alimentata da molte parti, anche dalla scuola. La rabbia può essere un’energia potente e positiva, che attiva cambiamenti. Ma quella che si vede in loro è spesso distruttiva o autodistruttiva. Se vogliamo aiutare i ragazzi a esprimere correttamente la loro rabbia, dobbiamo imparare ad ascoltarla e a creare contesti educativi liberi. Se invece la reprimiamo, come facciamo di solito, la trasformiamo in disagio e violenza sociale. Non credo convenga a nessuno.