Francesca Laura Wronowski, straordinaria donna di 95 anni, racconta in tv la sua esperienza di partigiana. A proposito dei suoi incontri nelle scuole, il giornalista le chiede: «Ma i ragazzi comprendono il valore di quello che è accaduto in quegli anni?». La sua risposta è di una franchezza spiazzante: «No… però è naturale. è passato un secolo. Era un mondo completamente diverso. C’erano la guerra, la fame, il freddo. Come le spieghi queste cose? Se non le hai provate, le puoi raccontare, sì, i ragazzi di oggi ti seguono con educazione perché gli insegnanti gli hanno detto “Oh, mi raccomando, comportatevi bene, eh”, ma non sono in grado di capire. Il benessere un pochino ottunde la mente». Poi aggiunge: «Non mi piace l’Italia come è oggi, un’Italia grigia, insipida. Non ha reazioni, passioni, espressioni di vitalità. E’ tutto molto appiattito. L’importante è andare in vacanza, avere il vestito all’ultimo strillo, avere quello che si deve avere, il televisore, l’automobile, la possibilità di spendere qualche soldino in più. Tutto questo non sono valori, non possono essere i valori di una vita. E’ tutto molto modesto, molto grigio, molto tranquillo». «L’Italia che lei vede oggi è un Paese per cui valeva la pena di combattere?”. “No, lo rifarei certamente, ma non valeva la pena di faticare tanto per l’Italia di oggi». Sono trascorsi solo pochi giorni dalla celebrazione del 25 aprile, che dovrebbe essere la festa di tutti ed è invece incredibilmente una festa controversa. Ascoltando la partigiana, viene da interrogarsi su come, a cominciare dalle scuole, poter rendere davvero onore alla memoria di chi, come lei, ha sacrificato la propria vita per consentire a noi di essere liberi. Le sue parole ci dicono una volta di più che le celebrazioni non bastano. E che, purtroppo, non bastano evidentemente nemmeno le testimonianze, anche se in alcuni casi lasciano un segno più profondo. Allora che fare? Certo non possiamo far sperimentare ai ragazzi la fame o la guerra perché si rendano conto di cosa siano. Però possiamo provare un’altra strada. Renderli consapevoli che la fame e la guerra appartengono anche al loro tempo e che tante persone le vivono ancora adesso sulla propria pelle. Facciamo in modo che incontrino quelle persone, che imparino ad aiutare e accogliere i migranti in fuga da quelle realtà. Forse così comprenderebbero che la pace e la libertà, che loro si sono ritrovati senza essersele guadagnate, non sono garantite per sempre e potrebbero anche essere perdute. Insegniamo ai ragazzi a difendere quei valori, a preservare la democrazia, a tutelare la dignità delle persone. Abbiamo il dovere morale di evitare che il sacrificio di Francesca Laura Wronowski e dei suoi compagni sia stato vano. Per questo non dobbiamo consentire che il benessere ottunda la mente dei nostri ragazzi.