La parola vacanza non mi è mai piaciuta. Richiama l’idea del vuoto, della mancanza. Eppure, tutti aspettano le vacanze. Tutti si lamentano che non ne possono più. Dicono di essere stanchi, stressati. E che hanno dannatamente bisogno di andare in vacanza. Ma questa storia non torna. Uno schema di vita che prevede 10-11 mesi di stress e 1-2 mesi per scaricare quello stress è il sintomo più chiaro che la nostra società non funziona. Dovremmo cercare di uscire dalla dicotomia tempo pieno/tempo libero. Tutto il tempo della nostra vita dovrebbe essere pieno e libero, con un ritmo che segue i nostri bisogni e i nostri desideri.
Anche la nostra scuola è dentro un meccanismo perverso. E infatti anche la nostra scuola dà sempre più segni di malessere. Basta vedere in che condizioni insegnanti, studenti e Ata arrivano alla fine dell’anno scolastico. E con quale “fame” agognano le vacanze. Ma cosa possiamo fare per evitare questo?
Innanzitutto, i tempi della scuola potrebbero essere più in sintonia con i tempi delle persone, distribuendo meglio gli orari delle lezioni, le pause, i momenti di studio. Poi potremmo evitare di alternare periodi carichi di compiti e interrogazioni a periodi molto leggeri. E potremmo organizzare meglio il calendario scolastico: non ha senso avere tre mesi di riposo estivo, venti giorni di vacanze natalizie e gli altri otto mesi sostanzialmente continuativi. Ma la questione più importante è un’altra.
Dovremmo provare a trasformare il tempo di studio o di lavoro da “tempo obbligato” in “tempo scelto”, da “tempo di alienazione” in “tempo di realizzazione”. Per questo, tutti dovremmo essere più protagonisti di quello che facciamo.
Ad esempio, come in altri Paesi, oltre alle materie obbligatorie, potremmo introdurre materie opzionali, così che gli studenti possano crearsi un piano di studi personalizzato in base alle proprie attitudini. O potremmo rafforzare le attività progettate e realizzate insieme da insegnanti e studenti. La scuola dovrebbe essere davvero la casa di tutti e non il “carcere” che tanti raccontano, adulti e ragazzi. Se i tempi di studio e di lavoro diventano spazi di libertà e di piacere nei quali ci riconosciamo e costruiamo le nostre identità, anche le vacanze non saranno più vacanze e non verranno vissute come la “Festa della Liberazione dalla Scuola”. Diventeranno semplicemente un altro modo di esprimere noi stessi. Buone “non vacanze” a tutti.
2 Luglio 2023 alle 7:55
Complimenti dirigente.
Ho scoperto quasi per caso la sua pagina ricca di spunti interessanti.
Abbiamo bisogno di questa sensibilità e attenzione al dialogo per far sì che il nostro ruolo di educatori e “lavoratori della scuola “ abbia quel valore profondo che non sia quel “dolore quotidiano …”
Condivido ogni sua parola e nel mio quotidiano, da 20 anni a questa parte, sono sempre orgogliosa della mia scelta professionale sempre ragionata e mai scontata.
Buone non vacanze a lei!
2 Luglio 2023 alle 8:55
Impegnarsi prima di tutto noi adulti, ma insegnare anche ai ragazzi, per sostituire il verbo “devo” con il verbo “voglio”. Imparare, attraverso un coinvolgimento veramente significativo, a identificare i nostri bisogni, a creare e coltivare quotidianamente ciascuno le proprie motivazioni, non solo a fare, ma proprio anche ad esserci in ogni attività.
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“Ad esempio, come in altri Paesi, oltre alle materie obbligatorie, potremmo introdurre materie opzionali, così che gli studenti possano crearsi un piano di studi personalizzato in base alle proprie attitudini. O potremmo rafforzare le attività progettate e realizzate insieme da insegnanti e studenti. La scuola dovrebbe essere davvero la casa di tutti ”
Da anni, da quando ancora insegnavo a scuola, ad oggi, mentre mi occupo di formare gli insegnanti proprio su questi aspetti , l’ho sempre pensato anche io. Per questo seguo con un assiduo interesse le sue riflessioni, i suoi interventi . E’ molto bello che un dirigente si occupi con tanta intelligenza sensibilità e competenza di come trasformare la scuola in casa comune. Grazie per il suo lavoro