Ci stiamo avvicinando al termine di questo tormentato anno scolastico. Si fa un gran parlare di scuola aperta in estate, una proposta con luci e ombre che avremo modo di commentare. Ma intanto faremmo meglio a preoccuparci della “scuola d’inverno”. Quella che dura molti mesi e non qualche settimana. A settembre la scuola d’inverno riprenderà e l’inverno della scuola forse sarà finito. È lì che dovremmo concentrare tutte le nostre energie per far trovare a bambini e ragazzi un nuovo contesto educativo.
Ma sulla scuola d’inverno del prossimo anno non arrivano per ora notizie rassicuranti. Gli organici degli insegnanti saranno sempre gli stessi. Questo vuol dire che il numero di studenti per classe non cambierà, nonostante le tante promesse di abolire, o almeno ridimensionare, le cosiddette “classi pollaio”. Siamo poi sempre impantanati con le procedure concorsuali, diventate ormai terreno di scontro tra i partiti e con i sindacati. Rischiamo di rimanere ancora con la questione precariato irrisolta e di ripiombare nel tradizionale balletto dei supplenti che si trascina per mesi, determinando di fatto un avvio ritardato delle lezioni.
Un giorno potremmo riconoscere che i concorsi non funzionano, che non sono uno strumento adatto alla selezione di buoni insegnanti. Servono strade più rapide ed efficaci. Innanzitutto percorsi di studio che preparino davvero ad acquisire le competenze necessarie, magari non tenuti solo da docenti universitari, che a volte sanno poco di scuola. E poi è fondamentale la verifica sul campo perché, alla fine, se sappiamo insegnare si capisce soltanto stando con i ragazzi. Per questo i futuri maestri e professori andrebbero visti in azione, lasciando alle scuole, nella loro autonomia, la valutazione dopo un anno di prova fatto seriamente (non ridotto a mera formalità come adesso) e la possibilità di selezionare quelli più adatti al proprio contesto.
Dopo due anni di pandemia, tutti abbiamo il dovere di ripartire in modo diverso. Anche la scuola. Ridurre il numero di alunni per classe, fare in modo che il primo giorno di lezione ci siano tutti gli insegnanti e creare le condizioni perché quegli insegnanti sappiano fare il loro mestiere sarebbero primi, chiari segnali di una scuola capace di rinascere dopo le ceneri.