In questi giorni si è fatto un gran parlare del mancato confronto elettorale al Marco Polo, la scuola di cui sono dirigente scolastico, dopo la rinuncia di due candidati sindaco in dissenso con la presenza di CasaPound. Accantoniamo le polemiche sui dibattiti fatti in precedenza con CasaPound e su qualche comunicato scomposto, che non riconosce il lavoro enorme fatto dalla scuola sull’accoglienza e sui diritti, per il quale, non a caso, ha subito un’aggressione mediatica proprio da parte dei movimenti che si ispirano al fascismo. Rimane comunque una sensazione di amarezza perché, per affermare il principio dell’antifascismo, si perde un’occasione per incontrare di persona studenti e insegnanti e per presentare a loro i propri programmi elettorali. Viene da domandarsi se questa sia la strada giusta. Certo non pare utile la gara tra chi è più antifascista, che invece ha appassionato qualcuno. Dovrebbe essere sufficiente affermare che qualunque persona democratica non può non dirsi antifascista. E che qualunque movimento che si ispira al fascismo andrebbe bandito, come dice la Costituzione. Punto. Detto questo, andrebbe chiarito cosa è il fascismo. Al di là del riferimento ad un preciso periodo storico, bisognerebbe dire che il cuore del fascismo è l’intolleranza verso chi è diverso e verso chi la pensa diversamente. Messa così, la questione non tocca solo CasaPound, all’interno della quale ci sono certamente nostalgici del fascismo e persone che dicono e fanno cose inaccettabili. L’intolleranza purtroppo è diffusa in tutte le aree politiche. E questo è forse più preoccupante. Perché i nostalgici del fascismo sono pochi, gli intolleranti molti di più. Nella discussione di questi giorni qualcuno ha voluto citare Popper e il suo paradosso sul diritto a non tollerare gli intolleranti. Appunto, verrebbe da dire. Gli intolleranti vanno combattuti. Ma come? Isolandoli? Così diventano ancora più intolleranti? In un Paese e in una scuola dovremmo batterli culturalmente, parlando con tutti e cercando di promuovere valori di civiltà. Parlare con tutti non vuol dire naturalmente tollerare tutti. Se un movimento si ispira al fascismo, dovremmo chiedere alla magistratura di intervenire. Ma, nel frattempo, prenderei esempio da Eraldo Affinati, che decide di andare al Salone del Libro di Torino, nonostante l’invito ad una casa editrice vicina a CasaPound, e dichiara che “Il fascismo si combatte con le idee e con la nostra vita”. Gridare “abbasso il fascismo” non basta più. E non bastano nemmeno i gesti simbolici, che pure talvolta sono importanti. Serve dare testimonianza di sé, praticando tutti i giorni l’ascolto, il dialogo, il rispetto per gli altri. E sarebbe l’ora che tutti i veri democratici facessero fronte comune. Perché quando ci si divide si fa solamente il gioco degli intolleranti.