Nel nostro Paese è ancora garantita la libertà di pensiero? A questa domanda sempre più persone rispondono di no, sostenendo che siamo alla vigilia di un nuovo fascismo. Personalmente non sono d’accordo. Il fascismo è stato una dittatura sanguinaria. L’Italia di oggi, sia pure con molti limiti, è ancora una democrazia e credo abbia gli anticorpi necessari per impedire l’avvento di nuovi regimi. Ma non c’è dubbio che in questo periodo si respiri un’aria pesante. Per capirne la portata, dobbiamo però fare un’analisi intellettualmente onesta. Episodi di intolleranza ci sono sempre stati anche con Governi di segno diverso. Gli esempi sarebbero innumerevoli. Oggi però succede qualcosa di nuovo. Non si assiste a singoli episodi, ma ad un clima di odio sociale, che viene alimentato consapevolmente.  Con un’espressione volgare ma efficace, potremmo dire che ci stanno spingendo nel “tempo del rutto libero”, in cui è divenuto legittimo dare sfogo ai peggiori istinti. Ma succede anche altro. In questo clima chi occupa incarichi pubblici è tentato di essere più realista del re e cedere alla tentazione di sanzionare, reprimere, censurare. E’ la cornice nella quale si inserisce il caso dell’insegnante di Palermo sospesa per quindici giorni per “omessa vigilanza” su un lavoro dei suoi studenti, che faceva un parallelismo tra il fascismo e l’attuale Governo. E’ un fatto grave perché colpisce nel contempo due principi costituzionalmente garantiti: la libertà di insegnamento e la libertà di pensiero degli studenti. Va detto che tutti i giorni gli insegnanti si confrontano con le idee degli studenti, alcune volte del tutto inaccettabili: disegni di svastiche, pensieri omofobi, idee razziste, ecc. Ma cosa dovremmo fare? Punirli per le loro idee? Il nostro lavoro è un altro. E’ quello di educare con il dialogo e con la cultura. Accogliendo sempre il punto di vista dei ragazzi e aiutandoli a stare nel perimetro di una società civile. Non è possibile che ci venga chiesto da un lato di sviluppare il loro senso critico e poi si pretenda di censurarli quando esprimono un pensiero autonomo. Attenzione, però. Tutti noi abbiamo ancora molto da imparare sulla capacità di accogliere la libertà di pensiero, specie se esprime idee diverse dalle nostre. Anche nella scuola. Dove succede, ad esempio, che nei consigli di classe non si ascoltino gli studenti quando criticano gli insegnanti e che nei collegi non si accolga il punto di vista dei docenti quando dissentono dal dirigente scolastico. Impegniamoci tutti di più per far sì che le scuole divengano autentici presidi di libertà. E intanto, rispetto a quanto è successo a Palermo, reagiamo con forza tutti insieme. Come ha ben scritto Beppe Bagni, presidente Nazionale del CIDI, diciamo a voce alta che non saremo i catechisti di nessuno, tantomeno del Governo di turno.