Febbraio 2020. Luca (nome di fantasia) appartiene alla categoria di quelli che chiamiamo “ragazzi difficili”. Non rispetta le regole, frequenta in modo discontinuo, risponde in modo sgarbato, studia quando gli pare. E’ uno dei pochi che è riuscito a farsi sospendere. E nella nostra scuola ce ne vuole. Luca è un ragazzo intelligente. Ma è dentro la sua storia, come tutti noi. E la sua storia non gli consente di adattarsi alla scuola. Lui è sbagliato per lei, lei è sbagliata per lui. Eppure ci abbiamo provato in tutti i modi. Gli abbiamo fatto notare i comportamenti scorretti, ci siamo arrabbiati, lo abbiamo sospeso. Non è servito. Abbiamo lavorato sul piano affettivo, cercando di ascoltarlo. Non è servito neanche quello. Come molti suoi coetanei, Luca non parla. Suo padre è sconfortato. «Torno la sera a casa dal lavoro e non mi dice nulla. Non so più che fare». Abbiamo anche la sensazione che Luca si sia cacciato in un brutto giro. Un giorno allora decido di parlargli, insieme a un paio di insegnanti. Entra in presidenza con il suo tipico andamento tracotante e l’aria sempre scocciata. Si siede e io faccio partire un classico pistolotto “da buon padre di famiglia”. «Lo sai che questa scuola non è una caserma. Non giudichiamo nessuno e cerchiamo, per come possiamo, di prenderci cura dei ragazzi. In questo momento però noi, e forse anche la tua famiglia, siamo in difficoltà. Ti vediamo a disagio, un disagio personale, non solo scolastico. Vorremmo darti una mano, ma non sappiamo come fare perché tu non ci aiuti a entrare in relazione con te». «E’ tutto ok. Non ho bisogno di nulla». Proviamo a ribadire che ha delle potenzialità e che la porta della scuola è sempre aperta. Ma lui, naturalmente, la apre al contrario. «Avete finito? Posso andare?». E fugge via. Non volevamo fare prediche, ma evidentemente lui le ha sentite così. Non siamo riusciti a scalfire la sua corazza.
Aprile 2020. Una studentessa gentile e studiosa dallo scorso anno fa molte assenze. E’ in preda a un suo demone di ansia e depressione. Nessuno riesce ad aiutarla. Da un po’ di tempo non veniva più a scuola. Poi è iniziato il lockdown. Abbiamo preso a cuore la sua storia e periodicamente proviamo a parlarci. Fissiamo un incontro alla presenza del padre e di un’insegnante. Le diciamo che noi ci siamo e che lo studio può essere un modo per cercare di uscire dal tunnel in cui si trova. Lei ha gli occhi tristi, ma ascolta. E si impegna a riprovarci. In queste settimane partecipa alle lezioni online e sta lavorando. Sembra essere ripartita, soprattutto grazie alla cura dei suoi insegnanti.
La scuola è un luogo di successi e fallimenti. In questi giorni difficili un pensiero particolare va ai ragazzi difficili. Sono quelli che hanno più bisogno di noi. E sono quelli di cui noi abbiamo più bisogno per capire dove stiamo sbagliando e cosa dovremmo cambiare.