Succede che decidiamo di organizzare, come tutti gli anni, un ciclo di incontri serale per i genitori, tenuto dagli psicologi della scuola con la partecipazione del preside. Succede che al primo appuntamento scegliamo di parlare di come stiamo dopo due anni difficili. Di come stiamo noi adulti e di come vediamo stare i nostri ragazzi. Succede che all’incontro partecipino oltre quaranta genitori. E succede che non sia un incontro formale, con una lezione e delle domande. Nasce invece spontaneamente una discussione intima, intensa. Uno scambio di pensieri e di emozioni su quello che sta capitando. Si sente il piacere di essere insieme. Di condividere quello che si vive nelle case, nelle famiglie. C’è bisogno di non sentirsi più soli, di riscoprire un sentimento comune, di essere parte di una storia collettiva. Così piano piano le persone si aprono e raccontano. Ricevendo e dando conforto.
«Vedevo il mio ragazzo chiuso in casa a fare la Dad e mi disperavo. Ma lui non stava male, si era abituato, ci sarebbe rimasto a lungo. È entrato in crisi quando siamo tornati in presenza». «Mia figlia invece è stata felicissima di tornare a scuola, di rivedere i suoi compagni, di riprendere le lezioni. E devo ringraziare gli insegnanti per come sono stati vicini ai ragazzi». «Mio figlio prima faceva molto sport. Ha reagito alle pandemia cercando di organizzarsi in casa in modo strutturato, “schedulava” tutte le attività e questo lo ha aiutato molto». «Anche mia figlia ha inizialmente fatto così, ma poi è crollata e non ce l’ha fatta. Si nascondeva dietro la mascherina, aveva paura di togliersela. Si è rivolta a una psicologa della scuola che l’ha supportata». «Abbiamo vissuto momenti difficili per la perdita di una persona cara. Siamo stati male e nostra figlia ha davvero sofferto tanto». Le parole e le emozioni scorrono come un fiume in piena. Un genitore si lascia andare alla commozione, un altro lo abbraccia.
Nel suo piccolo, un incontro come questo indica la strada da seguire dopo la pandemia. Per liberarci dalle scorie che abbiamo accumulato e dai veleni degli odiatori sui social, serve ricominciare a guardarsi negli occhi, ritrovarsi di persona e raccontarsi in un ambiente protetto, nel quale si accoglie l’esperienza dell’altro senza giudicarla, anche se è diversa dalla propria.