In questi giorni un fatto di cronaca ha aperto una vivace discussione estiva. La scuola svizzera di Milano ha espressamente scritto nel suo regolamento che, essendo impegnativa e multilingue, “non è ottimale” per studenti con disturbi dell’apprendimento e disturbi comportamentali. Poi, come se non bastasse, ha aggiunto che non è adatta nemmeno a chi ha gravi handicap motori perché è su più livelli e priva di ascensore. Dopo l’ondata di polemiche, la retromarcia. Queste norme sono state cancellate. Ma diciamoci la verità. Il problema non riguarda solo la scuola svizzera. Riguarda anche molte scuole pubbliche italiane, dove però c’è una situazione diversificata. Troppo diversificata. Alcune scuole accolgono più di cento ragazzi con disabilità e altre scuole ne accolgono zero. Zero. In alcune scuole i ragazzi non italofoni e quelli con situazioni sociofamiliari problematiche sono moltissimi. In altre sono mosche bianche. Come mai? Può anche essere comprensibile che un maggior numero di ragazzi con difficoltà si iscriva in un istituto professionale o in un liceo artistico piuttosto che in un liceo classico. Ma la misura del fenomeno racconta altre cose. Che sono inaccettabili. Racconta di scelte educative sbagliate e di un orientamento alle scuole medie tutto da rivedere. Racconta di scuole, soprattutto alcuni licei, che pensano di fare qualità esasperando la competizione e la selezione. E non preoccupandosi, fra l’altro, di creare situazioni insostenibili altrove. La scuola pubblica è la scuola di tutti. E tutti hanno il diritto di scegliere l’indirizzo di studi in base alle proprie attitudini e alle proprie passioni. Chi basa l’educazione su un principio di esclusione tradisce il proprio compito. Dovremmo ricordarlo soprattutto quest’anno che ricorre l’anniversario della morte di Don Milani. Siamo tutti bravi a lavorare con gli studenti bravi. Proviamo a mettere insieme i volenterosi e i meno volenterosi, quelli che hanno avuto la vita facile e quelli che ce l’hanno avuta difficile. Magari scopriremo una verità che molti già conoscono. La convivenza tra diversi fa diventare tutti più bravi. E, soprattutto, persone migliori.