Bussano alla porta. Una studentessa di terza entra timidamente. «Vorrei fare una proposta. La nostra scuola può collaborare con le scuole medie?». «Sì, cosa avevi in mente?». «Pensavo a un progetto di alternanza scuola-lavoro con il quale noi potremmo andare da loro a tenere lezioni agli studenti o aiutarli a fare i compiti. Si può fare?». «Esistono già iniziative di questo tipo. Come mai hai avuto questa idea?». «Do ripetizioni ai bambini, da grande vorrei fare l’insegnante e mi piacerebbe mettermi alla prova». «Ne hai parlato con i tuoi compagni?». «No, prima volevo sentire lei per capire se fosse fattibile. Magari conosce qualcuno». «Sicuramente è fattibile, ma ormai dal prossimo anno. Io naturalmente conosco presidi, ma, visto che l’iniziativa l’hai promossa tu, partirei da te. Sei rimasta in contatto con le tue insegnanti delle medie?». «Sì, con alcune ci sentiamo ancora». «Bene, allora perché non chiedi se sono disponibili? Magari lavorare con loro potrebbe farti piacere. Poi noi sentiamo altri e a settembre costruiamo una proposta». «Va bene. Arrivederci. E grazie del tempo che mi ha dedicato». Oltre alla proposta, mi colpisce la frase di commiato.

Il giorno dopo incontro gli studenti delle quinte per un confronto sulla maturità. Al termine, in diversi ripetono quella frase: «Grazie del tempo che ci ha dedicato». In mattinata faccio chiamare un ragazzo che fa molte assenze perché vive un momento difficile dovuto alla separazione dei genitori. Me ne parla un po’ e provo a rincuorarlo. «Tutti attraversiamo passaggi dolorosi nella vita. È normale soffrire per la separazione dei genitori. Possiamo solo cercare di reagire e non lasciarci andare. Hai buoni voti e mi hai detto che in classe ti trovi bene. Ce la puoi fare, ma non perdere il filo con la scuola. Stare troppo a casa non ti aiuta e poi sarebbe difficile ripartire». Lo lascio pensieroso, lui mi promette che ci proverà, io gli prometto che lo “terrò d’occhio”. Alla fine, anche lui mi ringrazia per il tempo.

Incontrare gli studenti è parte del mio lavoro, non è un regalo. I ragazzi non mi dovrebbero ringraziare. Se il nostro tempo dedicato a loro merita tutti questi ringraziamenti, vuol dire che qualcosa non torna, che appare raro, che non siamo riusciti a rendere l’attenzione un fatto normale. Il Tempo Dedicato dovrebbe rappresentare un’unità di misura delle nostre relazioni con i ragazzi. Quando la smetteranno di ringraziarci, forse avremo trovato la “dose giusta”.