Arrivando a scuola prima delle 8, si vedono gli studenti fuori ad attendere il suono della campanella. Con i libri aperti, alcuni ripassano in vista delle verifiche di fine quadrimestre. Altri, seduti sulle panchine, parlano dei loro insegnanti. Qualcuno, si intuisce dal tono di voce e dalla postura, confida cose personali. Alri ancora si scambiano effusioni. Passo attraverso i loro capannelli scambiando un sorriso. Riti e convenevoli ordinari di scuola. Entrando, si intravede l’aula docenti che via via si riempie. C’è chi fa fotocopie, chi commenta l’attualità, chi parla dei ragazzi, chi conversa amabilmente. Vado al bar a prendere un caffè, dove studenti e insegnanti si ritagliano un momento di conforto prima di iniziare le lezioni.
Durante la giornata poi capitano molte cose. Bussa un ragazzo con la sindrome di Down. «Preside, la mia fidanzata è all’ospedale e io sono molto preoccupato». «In questo periodo succede di stare un po’ male, ma vedrai che presto ritorna a scuola e vi rivedrete». Non credo di averlo rincuorato, ma per lui era importante raccontare il suo dispiacere. Chiamo una ragazza che qualche mese fa ha perso la madre in circostanze drammatiche. «Vorrei sapere come stai, come va a scuola». Tiene gli occhi bassi. «Abbastanza bene». «Non mi devi raccontare nulla che non vuoi. Vedo che hai buoni voti Vorrei solo capire come ti trovi a scuola e se noi possiamo fare qualcosa». «A scuola con compagni e professori sto bene. Fuori un po’ meno». «Ma sei seguita da uno psicologo?». «No». «Ti farebbe piacere?». «Sì» «A scuola abbiamo uno sportello. Pensaci». Ci tratteniamo un po’, cerco di trovare una difficile misura per entrare in contatto con lei. Nel pomeriggio si tengono progetti, incontri con esperti, laboratori teatrali. E una riunione spontanea di professori che si confrontano su questioni didattiche e sulle relazioni con gli studenti.
Il Governo ha la responsabilità di aver definito norme e procedure kafkiane per la gestione della pandemia, che in questi giorni hanno paralizzato le Asl e seminato il caos nelle famiglie e nelle aule. Ma essere a scuola in presenza rappresenta un valore irrinunciabile. Gli sguardi, i gesti, le parole, i corpi di una comunità che vive insieme un tempo importante della propria vita sono segni preziosi per chi vuole provare faticosamente a ritrovare una nuova normalità.