Assemblea degli studenti. «Preside, ma se non si va all’assemblea dobbiamo portare la giustificazione?». «No». «E ci conta come assenza?». «No». Provo a chiarire. «Ragazzi, l’assemblea è un vostro diritto, uno spazio che avete per stare insieme e discutere. Se non ci andate, mancate di rispetto a voi stessi. Ma dovete farlo liberamente, non perché la scuola vi minaccia. Solo così imparerete ad assumervi la responsabilità delle vostre scelte». In molti hanno temuto che non avrebbe partecipato nessuno. Ma non è andata così. Arriva il giorno dell’assemblea. Fuori piove a dirotto. Nonostante questo, circa 300 studenti decidono di esserci. Nella prima parte si discute di unioni civili. Intervengono in tanti e raccontano delle loro esperienze personali per dire che la famiglia tradizionale ormai non esiste quasi più. «Mio padre non l’ho mai conosciuto, mia madre se n’è andata quando ero piccola e sono rimasta con i nonni. Sono loro la mia famiglia». «Mio zio ha un tumore e la sua compagna da 15 anni non può nemmeno stargli vicino in ospedale perché non sono sposati. E’ una vergogna». «Sono cresciuta sola con mio padre, che mi ha fatto da babbo e da mamma». «Mio padre picchiava sempre mia madre. Avrei preferito avere due genitori omosessuali che si fossero amati». «La vera famiglia è fatta da chi si vuole bene. E uno Stato moderno dovrebbe dare gli stessi diritti a tutti coloro che si vogliono bene». E’ stata un’assemblea commovente e bellissima, una lezione di verità per noi adulti. Nella seconda parte i ragazzi hanno ballato, cantato e recitato con gli attori di improvvisazione teatrale. Ed hanno espresso un talento ed una felicità che la scuola troppe volte non vede o reprime. Trovare il piacere e l’intensità di stare insieme in un modo diverso. E’ questo che serve oggi alla scuola più di ogni altra cosa.