Sono alle prese con la maturità. La commissione d’esame sta lavorando serenamente, con spirito di collaborazione. I ragazzi hanno fatto gli scritti e nei prossimi giorni avranno gli orali. Nei loro volti la solita tensione. Che proviamo a sciogliere come possiamo. Mentre li guardo fare le prove e ascolto dagli insegnanti le loro storie, alcune delle quali molto difficili, mi interrogo su quello che facciamo e su quello che dovremmo fare. Giocando con i pensieri, mi chiedo quale potrebbe essere la parola chiave del nostro lavoro. E mi pare di riconoscerla nel desiderio.
Il desiderio è qualcosa di più della passione. È il piacere legato alla mancanza, a qualcosa che vorremmo. È un piacere che guarda al futuro più che al presente. È la ricerca, la sete. A scuola dovrebbe vigere una sorta di legge del desiderio. Anche se naturalmente il desiderio non si può imporre, bisognerebbe dire che non c’è scuola se non c’è desiderio. I migliori insegnanti sono quelli che desiderano. Quelli che desiderano venire a scuola, quelli che desiderano insegnare, quelli che desiderano imparare, quelli che desiderano ascoltare, quelli che desiderano stare con gli studenti. Nonostante tutto. Nonostante la burocrazia, gli stipendi bassi, i tanti alunni per classe, gli scarsi riconoscimenti, alcuni di noi desiderano ancora, sfuggendo ai facili rifugi della lamentatio e della rabbia sociale.
Poi c’è la questione del desiderio degli studenti. Che naturalmente è collegata. Perché è difficile che i ragazzi tengano vivo il loro desiderio se hanno intorno adulti che lo hanno perso. Per questo, per coltivare il loro desiderio, la cosa migliore che possiamo fare è innanzitutto preoccuparci del nostro, di desiderio. Poi dovremmo imparare a riconoscere il desiderio nei giovani e aiutare loro stessi a farlo, perché a volte, sotto un velo apparente di apatia e indifferenza, sembrano non averlo. Ma non è vero. Interessarsi al desiderio nostro e dei ragazzi, questo dovrebbe essere il primo obiettivo di una scuola. Invece purtroppo capita di vedere il contrario. Scuole dove il desiderio manca. Represso e scacciato come la peste per instaurare il regno della noia e del sacrificio. Probabilmente perché il desiderio fa paura.
Educare non è riempire un secchio ma accendere un fuoco, hanno detto tanti filosofi e padagogisti. Per questo servirebbe avere una scuola diversa. O, almeno, desiderarla.