Qualche giorno fa ero a cena con un amico. Mentre si accende una sigaretta, mi cade l’occhio sul pacchetto. “Il fumo uccide, smetti subito”. Guardo il mio amico che si gode la sua sigaretta, incurante della scritta. Probabilmente non l’ha nemmeno letta. Viene da riflettere sull’inutilità di questo tipo di comunicazioni, spesso progettate da esperti pagati profumatamente, che amano definirsi “creativi”. Il pensiero corre al mondo della scuola. Quanta parte della nostra comunicazione è sbagliata? Tanta, troppa. Anche da noi molti credono ancora di fare educazione solo con l’informazione o con le prediche o con le minacce. «Ragazzi, dovete studiare. È importante per il vostro futuro». «Le regole vanno rispettate, altrimenti prenderemo provvedimenti». «Non bevete alcool, lo sapete che fa male». Una volta una psicologa mi raccontò un aneddoto. «Durante un incontro con gli studenti, uno di loro mi ha rivelato di aver iniziato a far uso di sostanze stupefacenti dopo una giornata di prevenzione fatta a scuola. Aveva ascoltato la presentazione dei vari tipi di droghe e dei loro effetti. Poi aveva scelto quella che lo incuriosiva di più e aveva deciso di provarla». È una storia che dovrebbe far riflettere. Soprattutto chi pensa che basti dire le cose perché accadano. Non è così. Con i ragazzi possiamo comunicare in tanti modi. Ma dovremmo preoccuparci di verificare se quei modi sono efficaci. Il mondo della scuola non lo fa abbastanza. Anzi, spesso si basa su un sistema di comunicazioni stereotipate, ripetute meccanicamente. Ad esempio, di fronte a uno studente che si comporta male, tendiamo a fargli un rapporto disciplinare, se continua a comportarsi male gliene facciamo un altro e se insiste un altro ancora. Qualcosa non torna, ma non ce ne accorgiamo. Non ci accorgiamo di essere noi a sbagliare, alimentando involontariamente un comportamento disfunzionale. Non basta fare quello che riteniamo giusto. Dobbiamo produrre un cambiamento. Per questo serve la testimonianza di sé più che i bei discorsi. E dovremmo promuovere la libertà di scelta più che l’obbedienza, la passione più che la diligenza, la consapevolezza più che la conoscenza. Non possiamo costruire una scuola diversa, se non cominciamo a comunicare in un modo diverso.