Primo giorno di scuola. Si apre il portone. Ragazze e ragazzi si mettono a correre. Per conquistare i banchi agli ultimi posti, naturalmente. Una cade e rischia di essere travolta. Dico di fare piano e provo a soccorrerla. Ma è inutile. Si è già rialzata e ha ripreso la sua corsa. Un ragazzo si ferma per dire che è felice di ritrovarmi. Gli dico che anch’io sono felice di ritrovare lui. Siamo tutti felici. Nelle ore successive c’è il solito marasma, con mille beghe da sistemare. Tra le tante, capitano cose particolari.
«Preside, vogliono incontrarla. Una signora, una ragazza e un neonato». Entrano, parla la ragazza. «Sono iscritta in quinta, ma ho avuto un bambino un mese fa. Non ce la faccio a fare la mamma e la studentessa, pensavo di ritirarmi e tornare il prossimo anno». Conveniamo che è la cosa più ragionevole.
Poi in vicepresidenza entra uno dei fenomeni della scuola. Le lezioni terminano alle 12. Lui bussa alle 11 e dice che vuole andare a casa. «Scusa, è il primo giorno e si esce già molto presto. Ti sembra il caso?». «Capisco, prof, ma non ce la faccio più». «Dopo tre ore di scuola?». «Sì». Inizia una discussione lunare, nella quale c’è tutto il senso del nostro lavoro. Alla fine lo convinciamo a rimanere a scuola. Ma è solo il primo giorno. Ne mancano più o meno altri duecento, pieni di battaglie di questo tipo.
Poco dopo arriva una ragazza, sempre della schiera dei fenomeni. Da noi è piuttosto folta, modestamente. Parla senza ammettere replica. «Dunque, le cose stanno così. Io lo scorso anno mi sono presa un anno sabbatico…». E qui, superato il moto di invidia che ci assale tutti, il colloquio va ben oltre il lunare. «Vabbè, è stato un anno particolare e avevo bisogno di un anno sabbatico. Comunque non vi sto a spiegare, non è questo. Avevo chiesto al preside di rientrare in un’altra sezione. Lui aveva detto di sì, ma nell’elenco studenti non ci sono. Come la mettiamo?». Per l’appunto ero dietro di lei e l’ascoltavo. Le dico che ha ragione e che ora correggiamo l’errore. Esce con l’aria un po’ stanca di dover essere sempre lei a sistemare le cose che non funzionano nel mondo. La guardo e credo che il preside dovrebbe farlo lei.
È il fantastico mondo della scuola. Penso alla sensazione di vuoto che avrò quando andrò in pensione. Ma per fortuna manca ancora tanto tempo. Il pensiero si allontana e torno felice nel mio marasma.