Jasmine Paolini è una tennista italiana di 29 anni, che ha vinto il torneo degli Internazionali d’Italia sia in singolare che in doppio. Una storia esemplare.
Innanzitutto Jasmine ha un fisico considerato sbagliato per lo sport. In un’epoca nella quale prevalgono le doti atletiche su quelle tecniche e dominano i corpi statuari, un’atleta minuta riesce a vincere tornei importanti e a diventare la numero quattro della classifica mondiale. A testimonianza che anche oggi, oltre alle doti fisiche, servono quelle mentali. La motivazione, la grinta, la tenacia, la capacità di “leggere” la partita e di gestire la tensione nei momenti difficili. Una lezione importante per tutti, anche per le nostre ragazze e i nostri ragazzi.
Jasmine appare sempre di buonumore. Prima di giocare, mentre gioca e al termine delle partite. Si diverte, scherza, sorride, qualunque sia il risultato. Naturalmente, quando le cose non funzionano, si amareggia e si arrabbia, ma poi riemerge il suo spirito positivo, una rarità tra tanti che si prendono molto sul serio.
Fino a qualche anno fa Jasmine era sconosciuta, una tennista come tante. È sbocciata in tarda età per il suo sport. Dovremmo ricordarci tutti più spesso che questo può succedere, nello sport e nella scuola. Soprattutto quando, sbagliando, etichettiamo troppo presto bambini e ragazzi, in positivo o in negativo, prefigurando destini che invece potrebbero essere completamente diversi.
Gli Internazionali d’Italia si svolgono sulla terra battuta, un terreno irregolare, dove la palla fa spesso strani rimbalzi, che inducono a commettere errori. Alcuni tennisti si irritano per le sue imperfezioni, ma forse in quelle imperfezioni sta il valore di quei campi. Vanno conosciuti, interpretati, accogliendo le loro stranezze e imprevedibilità. Lo stesso dovremmo fare a scuola. Perché anche gli studenti sono un po’ così. Portatori di storie irregolari, che producono rimbalzi ai quali dovremmo imparare a rapportarci con intelligenza e sensibilità. E senza usare l’accetta, uno strumento al quale ricorriamo ancora troppo spesso.
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