In questi giorni nelle scuole vanno in scena i ricevimenti pomeridiani delle famiglie. In genere dalle 15 alle 19. Alle 14 truppe di genitori cominciano già ad accalcarsi davanti all’ingresso. I più agguerriti sono armati di schiere di figlioli, il cui ruolo si capisce di lì a poco. Nell’attesa si sgomita e si sente ripetere la solita frase: «Guardi che c’ero prima io». Alle 15, quando apre il portone, inizia una corsa forsennata. Le mamme, con il fiatone, danno disposizioni. «Io vado a prenotarmi con la prof di italiano, tu sali al secondo piano da quella di matematica, Ilaria si segna in scienze e il babbo va a filosofia. E non vi muovete, che poi perdiamo il posto». Poi però succede che il posto lo perdono. «Scusate, ero di là a parlare con l’altra professoressa, ora vorrei entrare io». «Mi dispiace, ormai ha perso il turno, va in fondo». «Ma non è giusto, ero la terza, non posso diventare l’ultima». «Guardi, adesso tocca a me e non intendo cederle il posto». Segue di solito rissa verbale, a volte anche fisica. Alla fine della giornata, il solito commento. «Sono stata tutto il pomeriggio in coda e sono riuscita a parlare solo con la metà degli insegnanti. Che nervi».
Eppure tutto questo si potrebbe evitare. Basterebbe utilizzare il registro elettronico. Ci si prenoterebbe comodamente da casa, si sceglierebbe l’orario esatto del ricevimento, si parlerebbe con tutti gli insegnanti e non si farebbero file. A costo zero. Alcune scuole già lo fanno. Altre no. E non si capisce perché. O forse sì. In troppi ancora considerano le tecnologie figlie del demonio e rimpiangono la scuola del passato. Si riconoscono perché davanti alle lavagne multimediali sono colti da attacchi di panico. E non si riprendono finché un’anima pietosa non gli offre un gessetto da sniffare.