Vittore Pecchini è morto suicida. Faceva il preside. O il dirigente scolastico, come si dice adesso per intendere una cosa che non è. Perché il preside è uno dei pochi dirigenti che non può dirigere davvero. In tanti cercano di legargli le mani, di impedirgli di fare il suo lavoro. Lo caricano di responsabilità senza però riconoscergli i poteri che servirebbero per gestire al meglio le scuole. In questo Paese, invece di lasciare le persone libere e poi chiedere di rispondere di quello che fanno, preferiamo imbavagliarle. Vittore Pecchini si è tolto la vita tre giorni prima del 28 maggio scorso, quando era stato indetto uno sciopero contro di lui. Una parte dei genitori, degli studenti, degli insegnanti si era mobilitata con parole pesanti: “Non ci rappresenta, deve andare via. Noi già sappiamo come vivere senza di lui”. E si erano mossi i sindacati, che, per una volta, avevano ritrovato un’unità degna di miglior causa, scrivendo tutti insieme un documento durissimo.
Quando una persona si suicida, nessuno può dire davvero perché lo abbia fatto. In un caso come questo, è però difficile pensare che le amarezze e le tensioni del lavoro non abbiano influito. Vittore Pecchini era preside del Marco Polo, un liceo di Venezia. In realtà dirigeva due scuole, la seconda gliela avevano data “in reggenza”. Gestiva complessivamente otto sedi e oltre 2800 studenti. Una situazione folle e molto diffusa, che impedisce di garantire la qualità del servizio scolastico. Ma una parte del nostro Stato di questo non si preoccupa. Continua a creare situazioni umanamente insostenibili, moltiplicando le incombenze burocratiche. Salvo poi promuovere ipocriti corsi sul burn-out.
Può darsi che Vittore Pecchini nel suo lavoro abbia sbagliato qualcosa. Ma quello che è successo lascia un senso profondo di amarezza e interroga tutti. Il dirigente scolastico fa un lavoro solitario e difficile. Non è la “controparte” di nessuno, come si tende a dire. E’ invece dalla stessa parte dei docenti, degli studenti, dei genitori, del personale Ata, dei sindacati, del ministero. Di tutti quelli che cercano di fare il bene della scuola. Alcune volte ci possono essere dissensi, come è normale in una democrazia. Ma quei dissensi andrebbero gestiti con il dovuto rispetto per i ruoli e per le persone. Invece a volte non è così. Nella scuola si utilizzano toni inaccettabili per esprimere le proprie ragioni. La storia di Vittore Pecchini è un monito. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Lo Stato metta finalmente le scuole nelle condizioni di poter lavorare serenamente. Nessuno lasci soli i dirigenti scolastici. E i dirigenti scolastici cerchino di non isolarsi. Solo recuperando il senso profondo del nostro essere comunità, potremo ricominciare a prenderci davvero cura delle persone e ritrovare la capacità di interagire civilmente.