Nelle scuole italiane in questi giorni si assiste a scene un po’ surreali. Si vedono presidi, insegnanti, custodi, accompagnati da geometri o responsabili della sicurezza, che girano con il metro in mano. Cosa fanno? Prendono le misure per capire quanti studenti possono fare entrare a settembre in ogni aula. Il Ministero ha dato un’indicazione. «Dovete far rispettare un metro di distanza dalle “rime buccali”». Dopo una rapida consultazione dello Zingarelli, abbiamo capito. Con il linguaggio burocratico a cui siamo tristemente abituati, intendevano dire che dobbiamo calcolare un metro di distanza tra le bocche dei ragazzi. Un metro in avanti, un metro indietro, un metro di lato. Poi va considerato lo spazio di movimento del professore. Due metri, si dice. E infine vanno previste le vie di fuga. Che però ognuno calcola a modo suo. Così succede che in una stessa aula c’è chi pensa di far entrare 15 ragazzi, qualcun altro 20, qualcuno altro ancora 25. In ogni caso si ragiona come se gli studenti fossero imbalsamati. E prima di entrare? E all’uscita? E alle ricreazioni? Come si farà a evitare assembramenti? Basterà indossare le mascherine quando si sta più vicini? Difficilmente questa storia potrà reggere alla prova dei fatti. Ci vorranno, come al solito, un po’ di buon senso e di flessibilità. Per scongiurare comunque applicazioni difformi, sarebbe importante che dal Ministero arrivassero indicazioni chiare. Perché l’autonomia delle scuole va bene, ma non su queste cose. E’ evidente a tutti che se in una classe di 25 studenti possiamo farne entrare 15, 20 oppure tutti e 25, le cose cambiano completamente. Occorre fare chiarezza su questo punto, altrimenti è molto difficile programmare la ripartenza delle scuole.
Poi naturalmente c’è da discutere tutto il resto. E sarebbe bene farlo al più presto. Perché è piuttosto folle dedicare così tanto tempo ai centimetri di distanza che ci dovranno separare senza affrontare una questione fondamentale. Quale modello di scuola e quale idea di educazione intendiamo far ripartire da settembre alla luce dell’emergenza che ci ha travolto e che durerà ancora a lungo? Sarebbe il caso di terminare prima possibile le discussioni con il metro lineare e avviarne altre con metri di misura diversi. Perché sarà il metro culturale quello che deciderà se saremo in grado di mettere in campo una scuola che prepara i ragazzi e li aiuta a stare nel mondo con consapevolezza. E sarà il metro sociale che misurerà se sapremo essere inclusivi, consentendo davvero a tutti di avere le stesse opportunità. Quel che è certo è che a settembre, dopo tutto quello che è successo, non possiamo ricominciare come prima. E la nostra capacità di cambiare la scuola si vedrà anche dal metro che decideremo di utilizzare in questi giorni.