«Preside, siamo molto preoccupati. Una nostra studentessa è di nuovo in una delle sue crisi. Come sa, soffre da tempo di disturbi alimentari. Ora è magrissima. A scuola va molto bene, come capita a chi si trova in questa condizione. Ma questo è parte del problema. Non accetta voti che non siano eccellenti. Dobbiamo fare qualcosa». Nella stessa mattina mi segnalano un altro caso simile. Convoco la prima ragazza. Il suo fisico colpisce. «I tuoi professori sono un po’ in ansia per te. E anche i compagni. Come stai?». «Preside, so che il mio aspetto fa preoccupare. Ho passato un brutto periodo. Ora ho ripreso a mangiare. Ma sto ancora male. Non mi piaccio, non mi accetto. Mi sento in colpa verso chi mi sta vicino». «Come trascorri le giornate?». «Mi piaceva molto lo sport, ma ho dovuto smettere. Suono il violoncello. E poi studio. Tanto. Ci tengo a prendere voti alti». «Forse dovresti studiare meno. Non vogliamo ragazze perfette, vogliamo ragazze che stiano bene. E, per stare bene, serve accogliere le proprie imperfezioni, non cercare inutilmente di eliminarle. Ma questo lo sai benissimo». «Sì, ma ho bisogno che mi venga ripetuto. Comunque ho appuntamento dallo psicologo e ci andrò. Sabato uscirò con gli amici». «Bene, ma poi non sentirti in colpa perché togli tempo allo studio. Riscoprire il tuo piacere autentico, fare quello che senti, e non quello che devi, sono  strade che ti possono aiutare a uscire dal tunnel». Con la seconda ragazza chiacchieriamo a lungo. «Cosa ti piace fare?» chiedo alla fine. «Scrivere». «Ok, ti fidi di me?». «Sì». «Ti posso inserire in un laboratorio dove si raccontano storie?». «Va bene». La incontro dopo. Al laboratorio forse non sarebbe andata. Allora provo a portarcela. Accetta di venire. Cerco di tranquillizzarla, lungo il corridoio scherziamo un po’. Arriviamo e si va a sedere in mezzo agli altri. Alla fine l’esperto mi dice che ha partecipato molto.
Non so come procederanno le storie di queste due ragazze. Il nostro lavoro a scuola è pieno di successi e fallimenti. Ma più tempo passa più mi è chiara una cosa. Gli studenti che stanno male sono spesso ragazzi non visti. Molti adulti hanno la mania del controllo. Ma chi controlla non vede. Se vogliamo davvero prenderci cura dei ragazzi, dovremmo innanzitutto imparare a guardarli. E, forse, riusciremmo anche a vederli.