“Buongiorno preside. Siamo i candidati degli studenti alle elezioni per il consiglio di istituto. Vorremmo parlare con lei per capire se i punti del programma che abbiamo preparato siano realizzabili o no”. E iniziano a elencarmi le cose che vorrebbero fare. La scena mi intenerisce. Una volta gli studenti non si sarebbero nemmeno sognati di andare a confrontarsi con il “nemico”. E non si sarebbero preoccupati della fattibilità del loro programma, animati da ideologie spesso irrealizzabili. Loro mi elencano invece cose concrete, difficilmente collocabili in un quadro destra/sinistra. Molti non hanno appartenenze politiche e sono lontani dai rancori ideologici che attraversano noi adulti. Esprimono un’idea nuova di democrazia. Non so se i ragazzi siano migliori o peggiori di noi. E non mi interessa saperlo. So che sono i figli nostri e del nostro tempo. E, se vogliamo davvero capire noi stessi e il nostro tempo, dovremmo conoscerli e rispettarli. Se poi volessimo anche cambiare le cose, dovremmo farlo con loro. Né contro di loro né senza di loro.