Squilla il telefono. È una mamma. «Avrei bisogno di parlare con lei». Le chiedo il motivo e lei scoppia a piangere. Fissiamo un appuntamento per il giorno dopo. «Mia figlia non sta bene. Da Natale ha cominciato a cambiare carattere. Sicuramente ha contribuito la Dad e il dover stare chiusa in casa. Dimagrisce sempre di più. Ora le è stata diagnosticata un’anoressia e serviranno ricoveri ospedalieri. Come possiamo fare con la scuola?».
Un’altra telefonata, un’altra madre. «Mia figlia sta facendo una transizione di genere. Vorrebbe essere chiamata con un nome diverso». «Signora, meglio parlarne di persona, possibilmente con sua figlia». Vengono entrambe. Mi raccontano che da qualche tempo lei non si sente a suo agio con il suo fisico, non si riconosce più nell’identità femminile. «Cercheremo di fare il possibile per accompagnarti nel tuo percorso. Aiutaci a capire le tue richieste e le tue esigenze. Vorrei conoscere le parole e le azioni che ti aspetti da noi e quelle che potrebbero ferirti». Emergono indicazioni sul nome, sul linguaggio, sull’uso del bagno.
Il giorno dopo. «Mi scusi, preside, hanno chiamato dalla palestra, sembra che stanotte siano entrati dei vandali e abbiano distrutto un po’ di cose». Poi mi passano una telefonata. «Buongiorno, vorremmo sapere se è possibile accogliere una studentessa». «Guardi, abbiamo già classi molto numerose, mi dispiace». «La sto chiamando dai servizi sociali. Si tratta di una ragazza che non vive più con la famiglia, alla quale è stata tolta». Emerge una storia davvero difficile. Alla fine naturalmente la accogliamo. In corridoio incontro un insegnante. «Sono andato a riprendere gli studenti che hanno trascorso un mese in Erasmus in Portogallo. Erano entusiasti, un’esperienza bellissima». Nel pomeriggio arriva la famiglia di un nuovo studente che deve entrare in prima. «Ci scusi, avremmo piacere di fare una visita alla scuola prima di cominciare». Il ragazzino è emozionato, quando finisce il giro ha gli occhi lucidi. Ritorno a casa con l’immagine della sua tenerezza.
Mentre dentro le scuole ricominciamo faticosamente a fare educazione, fuori imperversano le polemiche sul green pass. Ecco, chiederemmo sommessamente a tutti di ricordarsi che le scuole appartengono al Ministero dell’Istruzione, non a quello della Salute.