Caro Ministro, Massimo Cacciari sostiene che sia meglio non attendersi grandi riforme da un Governo che mette insieme partiti con visioni politiche opposte. Ne verrebbero fuori pateracchi. Sono d’accordo con lui. Per questo, noi della scuola le saremmo grati se evitasse grandi proclami e si concentrasse sulle cose concrete che si possono fare, su atti di buon senso che consentano alla scuola di funzionare. È inutile promettere il rientro in presenza di tutti adesso che i contagi sono in crescita. Cerchiamo piuttosto di vaccinare presto gli insegnanti, tornando alla normalità appena possibile. Sulla Maturità è comprensibile replicare il modello dello scorso anno, con membri interni e unica prova orale. Potremmo anche invitare i ragazzi a una riflessione sugli effetti psicologici, sociali ed economici della pandemia, dando il segnale di una scuola che rifugge il nozionismo e si misura con il proprio tempo. Confermare le prove Invalsi mi pare un aggravio fuori luogo, che non darebbe indicazioni attendibili. Le chiederei poi di evitare il prolungamento delle lezioni al 30 giugno. Non perché gli insegnanti non vogliono lavorare, come dice qualche odiatore sociale. A giugno sono sempre stati impegnati, con la maturità e tante attività. Il punto è un altro. Credere di recuperare i danni del Covid con qualche giorno di scuola in più è illusorio e dà la sensazione sbagliata che studenti e insegnanti abbiano fatto poco. Invece hanno lavorato più di prima e in condizioni di disagio. Quello che possiamo fare è interrogarci sul nostro vissuto e ripensare il nostro modo di fare scuola, ad esempio organizzando, anche a giugno, laboratori esperenziali. Serve una risposta di tipo qualitativo, non quantitativo.
Se vuole aiutarci, caro Ministro, si dedichi ad altro. Ci consenta di avere tutti gli insegnanti il primo giorno di scuola e non a Natale come quest’anno, varrebbe molto più di una settimana di recupero. Avvii una riduzione del numero di alunni per classe. Obblighi davvero il personale alla formazione e chieda a ognuno di rispondere di quello che fa, offrendo in cambio un significativo aumento di stipendio. E infine ci liberi di qualcuna delle mille incombenze burocratiche. Basterebbe questo per ricordarla nelle nostre preghiere (laiche) degli anni a venire.