Tanti studenti ancora cambiano scuola. Mi scrive una signora per perorare la causa di un quindicenne che vorrebbe trasferirsi da noi. Le dico che è difficile perché molte classi sono già piene, ma lei insiste perché il ragazzo mi incontri anche solo per un consiglio. Acconsento e qualche giorno dopo si presenta in presidenza. Da solo. Senza la signora che lo aveva segnalato. Senza i genitori. Educato, tranquillo, disinvolto.

«Ciao, raccontami come mai sei qui». «Frequento la seconda in un’altra scuola, ma non mi trovo bene e vorrei cambiare». «Perché non ti trovi bene?». «Per diversi motivi. Intanto per l’indirizzo, faccio fotografia». «E non ti piace? Non l’hai scelta tu?». «Sì, il primo anno mi piaceva. Facevamo le basi della fotografia con le macchine vere. Ora stiamo studiando un programma al computer. E ci hanno detto che i prossimi anni sarà sempre così. Ma a me piace la fotografia dal vivo. Non mi interessa farla al computer». «E poi? Per quali altre ragioni vuoi cambiare scuola?». «Non sto bene, non mi trovo con gli insegnanti». «Perché?». «Mi sento costretto. Ci chiedono di stare sempre zitti e di scrivere solo quello che dicono. Io voglio studiare, ma lì non ho possibilità di parlare, di esprimermi». «Da noi credo ci sia rispetto degli studenti e della loro libertà. Ma anche qui trovi insegnanti più rigidi. Poi bisogna capire se il nostro indirizzo di studi sia adatto alle tue attitudini». Continuiamo a chiacchierare per un po’. Emerge che ha degli amici in una classe che, per l’appunto, è l’unica dove avremmo posto. Gli dico di riflettere bene sui pro e i contro di un cambio scuola. Mi ringrazia, promette che ci penserà e che ci farà sapere. Prima di salutarci, gli viene in mente di chiedermi una cosa. Spiazzante, poetica. «Ho visto che qui all’ingresso c’è un pianoforte». «Sì, lo abbiamo messo un po’ come nelle stazioni, è uno spazio a disposizione di tutti in qualunque momento». «Io sono un musicista, posso suonarlo?». «Certo».

In presidenza rimango con le mie vicepresidi. Dopo qualche secondo, sentiamo suonare il pianoforte. È lui. Effettivamente è molto bravo. Sta lì alcuni minuti, poi va via. Non so se lo rivedremo. Ma mi rimane il piacere della conversazione con un quindicenne un po’ romantico, che cerca di prendere in mano le redini della sua vita e affronta una scelta difficile con pacatezza e consapevolezza. Una cosa rara, che molti adulti non sanno fare.

(aggiornamento del 22 ottobre, il ragazzo ha poi deciso di trasferirsi)