In questi giorni si svolgono gli orali della maturità. I ragazzi mostrano quello che sono diventati e quello che hanno imparato dopo tredici anni di studi. Mentre li ascolto, mi domando se la scuola italiana stia facendo un buon lavoro. Sul piano della preparazione forse sì. Tutto sommato, checché ne dicano le rilevazioni europee sugli apprendimenti e nonostante gli insegnanti malpagati, garantiamo ancora un buon livello di conoscenze. Quando si incontrano studenti stranieri appare evidente che i nostri studino di più e sappiano più cose. Ma le criticità ci sono. E riguardano, a mio parere, il rigore e la libertà. Non li curiamo abbastanza. Capita troppo spesso di vedere ragazzi approssimativi o poco autonomi. Che tendono a stare dentro i binari che imponiamo loro, senza poter esprimere intelligenza, immaginazione, capacità di ragionamento. Il rigore serve ad acquisire un metodo, la libertà a essere se stessi. Due elementi indispensabili per una buona educazione. Quando un candidato li possiede, si riconosce subito. Ha una luce diversa. E’ sicuro e brillante, sereno e consapevole. Quest’anno ho avuto la fortuna di incontrarne alcuni. Dalle loro storie e dai loro insegnanti dovremmo tutti trarre lezione.