Nei giorni scorsi il Governo ha approvato un decreto sulla scuola che prevede un concorso straordinario per stabilizzare il precariato storico. Una buona notizia? Certamente. Ma c’è un punto che lascia perplessi. I tre anni necessari per accedere al concorso riservato devono essere stati svolti unicamente nella scuola statale. Sono un dirigente della scuola pubblica e lavoro tutti i giorni per affermare il ruolo fondamentale che essa svolge nella società. Ma una legge dello Stato, che personalmente condivido, la n. 62 del 2000, recita che il Sistema Nazionale di Istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie, che quindi svolgono a tutti gli effetti un servizio pubblico. D’altra parte non si capirebbe altrimenti perché le chiamiamo paritarie. A quelle scuole è riconosciuta la possibilità di rilasciare i medesimi titoli di studio della scuola statale e agli insegnanti che vi prestano servizio è attribuito lo stesso punteggio. E allora come mai il decreto del Governo, in accordo con i sindacati, esclude chi ha lavorato nelle paritarie? Viene da pensare che il motivo sia legato al fatto indiscutibile che alcune di quelle scuole organizzano vere e proprie truffe sulla pelle dei docenti e degli studenti. Scuole in cui i primi sono sottopagati, mentre i secondi pagano rette salate in cambio di promozioni più facili e anche, purtroppo, di una preparazione indecorosa. Ma, se questo accade, lo Stato dovrebbe porre rimedio facendo controlli seri e punendo duramente le scuole che violano le regole. Non facendo di tutta l’erba un fascio perché così dimostra di essere vittima di un pregiudizio ideologico. E, soprattutto, finisce per colpire gli insegnanti, che sono l’anello debole del sistema e che spesso lavorano nelle paritarie con serietà e professionalità. Se consideriamo davvero unico il Sistema Nazionale di Istruzione, non possiamo distinguere figli e figliastri e trattare il lavoro nelle paritarie diversamente da quello nelle pubbliche. Anche perché andremmo incontro, in nome della parità scolastica, a migliaia di legittimi ricorsi che complicherebbero l’iter del concorso. Il Parlamento ha sessanta giorni per modificare il decreto prima della conversione in legge. Consenta di accedere al concorso riservato a tutti coloro che hanno tre anni di servizio, indipendentemente dal fatto che lo abbiano svolto nelle scuole pubbliche o nelle scuole paritarie. Altrimenti smettiamola con l’ipocrisia di chiamare paritarie quelle scuole. La verità è che qualcuno ancora pensa che i privati non siano in grado di svolgere un servizio pubblico. Un’idea legittima, ma da tempo superata in molti settori. Oggi dovremmo ormai sapere che il pubblico e il privato non sono il bene o il male in sé. Diventano un bene o un male a seconda delle regole e dell’organizzazione che diamo a quei sistemi.