Tra le cose che si notano girando nelle scuole italiane, una salta all’occhio. Gli asili nido e le scuole per l’infanzia sono accoglienti, allegre, colorate. Ma, via via che si sale verso ordini superiori, il colore si riduce fino a scomparire. Le scuole diventano tristi, le strutture cadenti, i programmi e le metodologie sempre più vecchi. La convinzione diffusa sembra essere che quando si cresce bisogna diventare seri. E che la serietà debba corrispondere al grigiore perché il colore è una cosa da bambini. Non è solo un fatto estetico. Le “scuole dei piccoli” si rimettono in discussione, si rinnovano, sono indubbiamente più vivaci. E, non a caso, ottengono risultati migliori nelle rilevazioni internazionali. Le “scuole dei grandi” appaiono invece affascinate dall’”eterna ripetizione dell’uguale”. Perché non portare un po’ di colore anche nelle scuole medie e superiori? Negli ambienti, nei contenuti, nelle relazioni. Perfino nell’umore. Perché la scuola è parte della nostra vita. E, se la vita è triste e noiosa, diventa più difficile anche insegnare e imparare. Sembrerebbe un concetto semplice e condivisibile. Ma evidentemente non lo è per i tanti Uomini Grigi che ancora abitano le nostre scuole e le nostre istituzioni.